Nel
momento in cui si pubblicano informazioni e foto sulla pagina dedicata
al proprio profilo personale sul social network Facebook, si accetta il rischio che le stesse
possano essere portate a conoscenza anche di terze persone non
rientranti nell’ambito delle c.d. “amicizie” accettate dall’utente, il
che le rende, per il solo fatto della loro pubblicazione, conoscibili da
terzi ed utilizzabile anche in sede giudiziaria.
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
Volontaria Giurisdizione
Il
Collegio, sciogliendo la riserva espressa all’esito dell’udienza
camerale del 13.06.2013; letti gli atti, esaminata la documentazione e
sentite le parti personalmente;
OSSERVA
rilevato che la ricorrente ha chiesto la modifica delle condizioni
della separazione consensuale omologata il 31.05.2011, nella quale era
previsto che entrambi i coniugi rinunciavano all’assegno di mantenimento
deducendo, quale fatto sopravvenuto, che in data 5.07.2011 era stata
licenziata e che, inoltre, era affetta da grave patologia, con
conseguente
difficoltà
di svolgere attività lavorativa; in conseguenza di ciò ha chiesto porsi
a carico del marito un assegno per il proprio mantenimento di € 700,00;
rilevato
che il resistente ha eccepito il peggioramento della propria situazione
reddituale ed ha dedotto che la moglie intrattiene una relazione con un
medico ortopedico sin dal 2010, relazione che le consente un tenore di
vita anche superiore a quello in costanza di matrimonio;
considerato
che, com’è noto, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di
Cassazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 11488/2008), per la revisione
delle condizioni della separazione e/o di divorzio, è necessario
dimostrare che siano sopravvenuti fatti nuovi, modificativi della
situazione in base alla quale la sentenza era stata emessa, o gli
accordi erano stati presi;
considerato,
inoltre, che, secondo l’orientamento costante della Corte di Cassazione
in tema di assegno di mantenimento e divorzile, l’instaurazione di una
relazione more uxorio stabile da parte del coniuge avente diritto
all’assegno incide nel senso di determinare una sospensione del diritto a
percepire l’assegno di mantenimento; ciò, tra l’altro, alla luce del
fatto che viene meno il parametro dell’adeguatezza dei mezzi rispetto al
tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale (cfr. Cass. n.
3923/12, n. 17195/11 e n. 17643/07);
ritenuto
che, nel caso di specie, le risultanze documentali abbiano dimostrato
la sussistenza di una relazione sentimentale duratura e stabile con il
dott. B. Ga.; ritenuto che, in particolare, tale circostanza risulti
documentata, in primo luogo, dalle fotografie e dalle informazioni
tratte dal social network “Facebook”: in queste ultime, infatti, nelle
informazioni di base relative al c.d. profilo della ricorrente, sotto la
voce “situazione sentimentale” viene indicato espressamente “impegnata
con N.B.”. Inoltre, vi sono numerose foto tratte dal c.d. profilo
“Facebook” della ricorrente, che la ritraggono con il dott. B., foto
pubblicate sul profilo in diversi periodi dell’anno ed in diverse
località, anche turistiche. Sul punto, per completezza motivazionale, si
osserva che tali documenti devono ritenersi acquisibili ed
utilizzabili: è noto, infatti, che il social network “Facebook” si
caratterizza, tra l’altro, per il fatto che ciascuno degli iscritti, nel
registrarsi, crea una propria pagina nella quale può inserire una serie
di informazioni di carattere personale e professionale e può
pubblicare, tra l’altro, immagini, filmati ed altri contenuti
multimediali; sebbene l’accesso a questi contenuti sia limitato secondo
le impostazioni della privacy scelte dal singolo utente, deve ritenersi
che le informazioni e le fotografie che vengono pubblicate sul proprio
profilo non siano assistite dalla segretezza che, al contrario,
accompagna quelle contenute nei messaggi scambiati utilizzando il
servizio di messaggistica (o di chat) fornito dal social network; mentre
queste ultime, infatti, possono essere assimilate a forme di
corrispondenza privata, e come tali devono ricevere la massima tutela
sotto il profilo della loro divulgazione, quelle pubblicate sul proprio
profilo personale, proprio in quanto già dì per sé destinate ad essere
conosciute da soggetti terzi, sebbene rientranti nell’ambito della
cerchia delle c.d. “amicizie” del social network, non possono ritenersi
assistite da tale protezione, dovendo, al contrario, essere considerate
alla stregua di informazioni conoscibili da terzi. In altri termini, nel
momento in cui si pubblicano informazioni e foto sulla pagina dedicata
al proprio profilo personale, si accetta il rischio che le stesse
possano essere portate a conoscenza anche di terze persone non
rientranti nell’ambito delle c.d. “amicizie” accettate dall’utente, il
che le rende, per il solo fatto della loro pubblicazione, conoscibili da
terzi ed utilizzabile anche in sede giudiziaria;
considerato,
inoltre, che la relazione di convivenza stabile della ricorrente con il
dott. B. Ga. presso il medesimo di residenza è stata riscontrata anche
dalla Polizia Municipale negli accertamenti ad essa delegati dal
Tribunale;
considerato
che, quanto al dedotto problema di salute della ricorrente, lo stesso
era già esistente, per sua stessa ammissione, al momento della
separazione; considerato, ancora, che la ricorrente ha riferito che dopo
il licenziamento avvenuto nel 2011 ha percepito per un periodo
l’indennità di disoccupazione ed ha cercato di reperire un lavoro senza
esito;
ritenuto
che, da un lato, non sia stata fornita prova che la ricorrente, dotata
di capacità lavorativa, avendo lavorato per circa tredici anni, si sia
effettivamente adoperata per trovare lavoro e, dall’altro lato, che, in
ogni caso, l’instaurazione del rapporto di convivenza stabile accertato
abbia fatto venire meno, almeno allo stato, il parametro
dell’adeguatezza al mantenimento del tenore di vita goduto durante la
convivenza matrimoniale; ritenuto che, in particolare, l’instaurazione
della convivenza stabile costituisca una circostanza tale da escludere
il diritto a percepire un assegno di mantenimento;
ritenuto che, pertanto, la domanda vada rigettata;
ritenuto,
quanto alle spese processuali, che le stesse debbano seguire la
soccombenza; stante l’entrata in vigore del D.M. n. 140/12, che ha
modificato la disciplina delle spese di giustizia prevedendo un compenso
complessivo per il professionista in luogo della distinzione tra
diritti ed onorari, le spese sono liquidate d’ufficio applicando i
valori medi di liquidazione di cui allo scaglione di riferimento (fino
ad € 25.000,00) ridotti di un terzo, attesa la natura semplificata e
de-procedimentalizzata della presente procedura;
ritenuto
che non possa accogliersi la domanda di condanna della ricorrente al
risarcimento dei danni per lite temeraria, per mancanza dell’elemento
soggettivo del dolo o della colpa grave in capo alla stessa, anche in
considerazione della complessità e novità delle questioni giuridiche
sostanziali e processuali affrontate.
P.Q.M.
rigetta la domanda; condanna G. C. al pagamento delle spese
processuali, che liquida in € 1.400,00 per compenso professionale ex
D.M. n. 140/12, oltre IVA e CPA come per legge.
Così deciso in S. Maria C. V. nella Camera di Consiglio del 13.06.2013